DOPO IL TERREMOTO
"Viviamo il tempo nel quale scienza e tecnologia sembrano rispondere a ogni nostra domanda. Poi, all'improvviso, la terra trema dieci, cento, mille volte e arriva il tempo della distruzione, dello smarrimento, del dolore, del pianto e dei perchè senza risposta. Arriva, nel nostro stare insieme, il tempo della solidarietà, dell'amicizia, delle radici e della fede. Valori che hanno ispirato questa serata e che vi canteremo con tre canzoni." Ieri sera, in occasione del concerto a favore delle popolazioni del centro Italia colpite dal terremoto, avrei voluto esordire con questa chiosa, ma non ho potuto farlo per ragioni di palinsesto... ubi maior, minor cessat... eppure, senza cadere nella spirale polemica, mi sono sentito un po' monco nel non poter esternare questo mio sentimento ai nostri ospiti... pazienza... i brani cantati dai quattro cori presenti: "Carè Alto" di Vigo Rendena, "Cantando" di Macerata, "Voci della Riviera" di Fiesso e il nostro, hanno unito stili e spartiti diversi, intercalati dalla proiezione di immagini dei territori colpiti dal terremoto, dalla simpatica narrazione di locali racconti fiabeschi e dalla preghiera scritta dai superstiti del sisma. Immagini e racconti veicolavano con immediatezza l'amore per il luoghi natii e la giusta fierezza per le proprie radici, malmenate eppure per questo ancor più salde nella necessità che ha il futuro, per essere progettato, del passato e dei ricordi. Nei presenti si sono mescolati commozione, ammirazione, stupore e pietà, appena stemperati dai frequenti applausi. Qualche coro ha cantato brani in tema con la serata, qualcun altro meno, ma quando è arrivata la parola fine credo che tutti, cantori e pubblico, fossero moderatamente soddisfatti. In fin dei conti, ognuno ha partecipato a suo modo all'evento e quella non era la sede di un concorso a premi con tanto di classifica, ma un modo per partecipare alle vicende della nostra comunità nazionale troppo spesso malmenata. Alla fine del concerto, i quattro cori uniti hanno cantato "Signore delle cime", quasi cento voci che hanno avuto ragione della non proprio ottimale acustica del cinema Italia di Dolo. Con un piglio amatoriale che ormai rasenta la professione, l'amico Bruno ha diligentemente filmato l'intero evento. Sono seguite le parole del parroco, don Alessandro, del presidente dell'Unione dei Comuni, dottoressa Boscaro e del vicesindaco di Dolo, dottor Naletto.
Fatti pochi passi, nella barchessa di Villa Concina, ha avuto luogo la seconda parte della serata: quella godereccia dello star insieme di fronte a una tavola imbandita. Gli amici del centro Italia hanno fatto circolare un Ciauscolo e un pecorino di Norcia di altissimo livello. Mentre aumentava la salivazione, mi è giunta l'immagine epicurea di un piatto di lenticchie di Castelluccio e di quel pecorino ben dosato su un'Amatriciana "grigia", unito a spaghetti al dente e a una buona razione di guanciale giustamente croccante... Ma la cucina veneta si è difesa alla grande, con torte salate, bocconcini e frittate ricche di verdure, anche selvatiche come la silene gonfiata e le giovani piante di papavero. Ha anche esibito un Asiago d.o.p. di ottima fattura. Insomma, un trionfo di odori e sapori rinvigorito dal cicaleccio dei presenti e da uno scorrere non proprio trascurabile di vinello bianco e rosso. C'è poco da fare, musica e cibo sono lingue universali e un binomio inarrivabile per socializzare, anche nelle occasioni meno festose! Ai coristi della val Rendena forse pareva di essere... ai tropici! Provenienti da zone con temperature ancora basse, paludati nei loro gilet di lana cotta con le maniche della camicia arrotolate, aiutati quasi tutti da una giovane età e da una serata precocemente tiepida, si sono messi all'aperto, in circolo, e hanno cominciato a cantare parte dell'infinito repertorio del coro della S.A.T. di Trento. Ho ceduto ai ricordi giovanili, ho abbandonato il mio gruppo e mi sono avvicinato a loro per condividere i canti. Per un attimo sono ritornato indietro di almeno cinquant'anni quando all'istituto tecnico, tutti i giorni, cantavamo quei brani. Eravamo quattro diciottenni (uno per voce) e passavamo tutti i momenti liberi a cantare la montagna. E i campeggi, fatti sotto cieli neri zeppi di stelle, riparati solo da un telo militare, una coperta e un giaciglio fatto di teneri rametti di larice, fuoco acceso tra i sassi e tanto, tanto silenzio. Allora si poteva. C'erano pochissimi campeggi organizzati e, per godere la montagna, si poteva accamparsi dove si voleva... per fortuna, alla faccia dei miei settantadue anni suonati, riesco ancora a pescare le acque che cantano e a godere di questi grandi doni... Nel canto con i coristi della val Rendena le parole dei testi e la melodia fluivano con insospettata agilità dalla mia bocca, quasi che avessero da poco smesso di essere parte del mio repertorio canoro. Erano rimasti sepolti per più di mezzo secolo e ora, magicamente, riaffluivano. Potenza della memoria, di quel patrimonio che, se perduto, proietta le persone nella tragedia di un galleggiamento senz'anima. Intanto, dalla sala della barchessa, arrivavano altre note conosciute. Dopo aver ringraziato più volte il coro delle montagne per le emozioni suscitate in me, ho fatto quattro passi e mi sono unito ai nostri coristi, per cantare un paio di canzoni lagunari e ascoltarne altre del maceratese. Sorrisi, scambio di omaggi, battimani, pacche sulle spalle, arrivederci, ancora un mezzo calicetto di vino, un pezzetto di torta salata, saluti a tutti e via, verso un meritato riposo, mentre un ingiustificato profumo di nigritella mi insegue sino davanti al cancello di casa...
Alberto Coletto
Dolo, 25 marzo 2017