Il concerto di Primavera

Ieri sera abbiamo cantato a Fossò, ospitando il Coro Città di Oderzo e il coro Monti Scarpazi di Pianiga.

Ancora un concerto, ancora canti, tensione, emozioni, applausi. Per un coro, il concerto è il coronamento di mesi di prove, durante le quali ripetizioni e correzioni sbozzano gli spartiti e mettono a fuoco le armonizzazioni.

Le indicazioni del maestro e la sua percezione di un singolo brano vengono trasmesse tra cento tentennamenti, osservazioni e qualche mugugno. Non è sempre facile accogliere le correzioni al nostro dire e cantare. L'ego personale, sollecitato da note caratteriali e dalle prove del quotidiano, spinge spesso all'autoassoluzione, annacquando i nostri errori ed esaltando quelli altrui.

Ma in un coro, espressione vocale collettiva, occorre mettere da parte i personalismi. Occorre trovare, o ritrovare, il gusto dello stare insieme, impegnati nella costruzione di qualcosa che ottiene risultati e armonia solo se si esprime all'unisono.

Non importa se i brani interpretati parlano dell'amore o della guerra, se sono frutto di oscuri anonimi o di celebrati compositori, se si tratta di canti popolari o di raffinate melodie.

E' importante che ogni singolo cantore si metta a disposizione del gruppo vocale di cui fa parte, con tutte le risorse di cui dispone.

Solo così la farina si impasta con l'acqua, il sale e il lievito per trasformarsi in pane. Si tratta di un formidabile esercizio di umiltà, che permette di sentirsi allo stesso tempo tessera di un mosaico e il mosaico intero.

Lo so, penso di non essere uno sprovveduto, le tentazioni di primeggiare e gli egoismi affiorano con facilità, ma devono essere arginati dal buon senso di ognuno, o bloccati dal collettivo.

Ognuno di noi dovrebbe spegnere i sorrisi ironici e pensare, per quanto bravo sia, che dietro l'angolo c'è stato, c'è e ci sarà sempre uno più bravo di lui e che le differenze possono trovare uno sbocco positivo solo se scatta il rispetto per i meno capaci, i più deboli in genere, e la solidarietà dell'aiuto nel segno di un risultato importante, per tutti.

Devo dire, in tutta sincerità, che il nostro coro mi è sembrato particolarmente incisivo. Non solo per i talenti musicali espressi, quanto per la completezza armonica dell'insieme di voci maschili e femminili, a riprova che l'accosto di diversità può diventare ricchezza comune.

Sorvolando sull'aspetto strettamente musicale della serata, devo dire che mi ha commosso e mi è molto piaciuto l'intervento del presidente della corale. Lui non è un grande oratore, ma le parole con le quali ha ringraziato i coristi per la partecipazione ai recenti lutti, occorsi a qualcuno di noi, sgorgavano dal cuore e hanno colto nel segno il risultato migliore che questo gruppo ha raggiunto: essere comunità.

Si tratta di un valore drammaticamente assente nella società attuale, che vede in pericolo la pacifica coesistenza di persone e popoli proprio per l'incapacità di stare insieme.

L'uomo è un animale sociale solo se lascia emergere i veri valori dell'esistere, se non si lascia offuscare da gelosie ed egoismi, se si lascia invadere dal rispetto per gli altri e se stesso.

A conclusione della serata, lo stare insieme si è consolidato attraverso un rito luculliano di grande quantità e qualità.

Grazie alle nostre coriste - mamme e mogli prima e dopo il coro - i tavoli si sono animati di una infinità di piatti dolci e salati, supportati da una buonissima pasta offerta dalla Pro Loco locale.

Durante la degustazione non sono mancati cori e risate, per concludere con un "Signore delle cime", magari scordato, ma cantato dai componenti dei tre cori in libertà, senza l'assillo da prestazione.

I saluti e il fresco della notte hanno concluso l'evento e lo star, ancora una volta, insieme.

 

Fossò, 16 maggio 2015                                                                  Alberto Coletto